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DPS. Digital Publishing Study

Se si pone un dispositivo moderno di fronte ad un bambino di qualche anno d’età state pur certi che dopo qualche secondo di smarrimento e curiosità capirà come “sbloccarlo” e comprenderà da sé che passando il suo dito su un pulsante qualcosa succederà. Certo, non saprà darvene delle spiegazioni tecniche, ma saprà intuire che quel pulsante richiede una sua azione e che quell’azione genererà una reazione del dispositivo. Questo è sicuramente il risultato dei tempi moderni e delle evoluzioni tecnologiche, ma soprattutto delle trasformazioni dell’individuo che queste evoluzioni portano con sé. La nostra mente, infatti, ha saputo, come sempre nella storia, correre di pari passo ai progressi tecnologici, riuscendo a reagire ad essi e a sapersi performare al meglio. Tanto che al giorno d’oggi proprio la nostra mente difficilmente concepisce qualcosa di diverso, difficilmente riesce a conciliare questo futuro che si sta progressivamente materializzando con il passato.

Se la pagina di un sito che visualizziamo sul nostro tablet non presenta “pulsanti” che aprano ulteriori finestre comunicative, se un testo che leggiamo sullo smartphone non possiede link interni o esterni al testo stesso, restiamo indubbiamente straniti. Così come proviamo una certa insoddisfazione a leggere un contenuto su carta, sapendo che la sua stessa fruizione su un dispositivo tecnologico potrebbe risultare più accattivante e coinvolgente, proprio per la chiamata all’azione che il dispositivo stesso porta con sé. Ovviamente la comunicazione non poteva stare a guardare queste progressive trasformazioni senza entrare nel gioco e senza sfruttarne al massimo le potenzialità, grazie soprattutto allo sviluppo di strumenti specifici. Ne è un esempio il DPS, ossia letteralmente la Digital Publishing Suite messa a disposizione da Adobe.

Di che cosa si tratta?
Nel senso più pratico della possibilità di trasformare il contenuto generato per il cartaceo in contenuto fruibile da un tablet. Nel senso più alto dell’ottima conciliazione tra passato e futuro e della soddisfazione di quel desiderio di interazione che si addice all’individuo moderno. Utilizzando il noto programma d’impaginazione InDesgin, è possibile usufruire di un servizio ulteriore, che permette la “trasformazione” dei contenuti pensati per il cartaceo in contenuti digitali e la loro eventuale successiva distribuzione negli store di Apple e Android.

Detto così sembra un semplice copia/incolla che non richiede particolari competenze o che non prevede complicazioni e difficoltà. Non è così, il team OVOSTUDIO ha avuto modo di verificarlo sulla propria pelle durante un corso di aggiornamento svoltosi proprio in questi giorni. Se è vero che non è necessario (o almeno non sempre) lavorare a livello di programmazione e di codici, è altrettanto vero che il passaggio dal contenuto per il cartaceo a quello per il digitale non è così immediato. Il digitale e la cosiddetta voglia d’interazione, come l’abbiamo chiamata, portano con sé una generale ridefinizione degli spazi, dei contenuti, della loro collocazione e della loro fruizione. Non è possibile riproporre (come sempre!) un contenuto proposto attraverso un altro mezzo, senza modificarne la struttura e adattando questa stessa al mezzo utilizzato, soprattutto quando si parla di digitale.

Il termine che ci viene in mente e che in questi giorni di aggiornamento è stato, forse, più frequente è “studio”. È proprio necessario uno studio molto approfondito non solo degli strumenti messi a disposizione dalla Suite, ma soprattutto di ciò che si vuole con essa produrre, per generare un contenuto coerente e accattivante. Cornici, pulsanti, effetti, articoli, immagini, tutto deve avere un proprio peso e allo stesso contribuire ad un equilibro generale. Tutto deve essere studiato e concepito per sfruttare le potenzialità, diversificare il prodotto e non sovraccaricarlo di eccessivi stimoli.

Ancora una volta, dunque, l’immediatezza apparente del digitale si dimostra ben più complessa. Ancora una volta il mezzo non è sufficiente e il contenuto va plasmato su di esso. Ancora una volta a fare la differenza è la professionalità di chi intuisce che è e sempre sarà lo studio a rendere le nuove tecnologie davvero rivoluzionarie.

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